mercoledì 15 dicembre 2010

Qualificazione giuridica delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana

RedCrossNursen
Mentre seguivo l'inchiesta di “Report” del 5 dicembre, dedicata ai (purtroppo numerosi) lati oscuri della gestione della Croce Rossa Italiana, mi sono domandato quale sia, esattamente, l'inquadramento giuridico delle infermiere volontarie (c.d. “crocerossine”) e se la loro qualifica debba considerarsi parificata a quella degli infermieri che hanno conseguito il titolo a seguito degli studi universitari (o regionali, per gli infermieri “di vecchia data”).
Sulla questione il legislatore è intervenuto solo di recente, attraverso l'art. 3, comma 10 della L.108/2009. Il disposto di legge presenta tuttavia una formulazione contraddittoria, che non inquadra in maniera precisa e sistematica la figura dell'infermiera volontaria, né la rapporta correttamente a quella dell'infermiere qualificato come tale per effetto del conseguimento del diploma di laurea. Lecito, quindi attendersi accese controversie che si protrarranno nel tempo. Esaminiamo il comma in dettaglio. Nella sua prima parte, il legislatore equipara senza troppi giri di parole il diploma di infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana all'attestato di qualifica di operatore socio-sanitario specializzato (OSSS). Successivamente, però, afferma che, “esclusivamente nell’ambito dei servizi resi, nell’assolvimento dei compiti propri, per le Forze armate e la Croce Rossa Italiana” le Infermiere volontarie della CRI sono abilitate “a prestare servizio di emergenza e assistenza sanitaria con le funzioni e attività proprie della professione infermieristica”.
2june 2007 483
Il riferimento all'emergenza non è casuale, poiché la norma in questione è inserita nell’ambito di legge di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, contesto nel quale si è dimostrata la necessarietà e l’urgenza dell’intervento di personale specializzato nell'espletamento di funzioni assistenziali. Ci si domanda, tuttavia, la ragione per cui, anziché prevedere modalità diverse e magari innovative di inserimento nei ruoli delle Forze armate di personale infermieristico formato attraverso gli studi universitari, si sia creata l'aberrazione giuridica, tutta italiana, di operatori socio – sanitari che prestano assistenza infermieristica, senza averne tuttavia la necessaria competenza (il corso per infermiere volontarie dura 2 anni anziché 3 come il corso di laurea e le ore di tirocinio sono assai inferiori) e neppure la preparazione specifica in contesti di emergenza – urgenza o nell'assistenza in scenari di guerra. Ripensando alle non solidissime finanze patrie, sorgono subito alla mente considerazioni maliziose sui risparmi che può generare l'impiego di volontari, che per giunta da oltre un secolo affiancano le Forze armate, rispetto all'inserimento di nuove truppe.
Occorre però sottolineare che la norma, benché inserita nel contesto nelle missioni internazionali, non circoscrive le funzioni e le attività proprie dell'assistenza infermieristica all'esclusivo contesto bellico; dall'analisi del dettato emerge che le crocerossine possono ricoprire funzioni assistenziali proprie dell'infermiere anche in tempo di pace e sul suolo nazionale; l'importante è che agiscano sotto le insegne della Croce Rossa.
Fermo restando, dunque, che le infermiere volontarie della CRI, nonostante la denominazione, non possono essere qualificate a tutto tondo come infermiere, poiché non possono iscriversi all'Albo, né possono partecipare a concorsi pubblici accanto a coloro che hanno conseguito il diploma di laurea, permane quest'anomalia che contrasta apertamente con altre leggi dell'ordinamento italiano (mi riferisco in particolare alla L. 43/2006, che stabilisce che la professione infermieristica è soggetta al conseguimento del titolo universitario, abilitante, ed il suo esercizio richiede l'iscrizione all'Albo, che è obbligatoria). Auspico perciò la pronta risoluzione della controversia, nella prospettiva disegnata dalle tante norme che hanno sancito l'evoluzione della figura dell'infermiere, laureato (o diplomato) ed iscritto all'Albo, come UNICO responsabile dell'assistenza infermieristica, (cfr. anche il D.M. 739/94).
Mi domando, comunque, come avrebbe reagito, ad esempio, la classe medica, se fosse stato consentito a volontari, senza laurea in Medicina, di svolgere assistenza sanitaria “con le funzioni e le attività proprie della professione medica”....

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