venerdì 24 dicembre 2010

Come conciliare l'accoglienza e la privacy in reparto - II ed ultima parte - l'accoglienza dei visitatori


Concludiamo la trattazione relativa all'applicazione della privacy in una Unità operativa; questa volta mi occuperò di come accogliere i visitatori nel rispetto della normativa vigente.
Non bisogna infatti dimenticare che, nella maggior parte dei casi, il paziente affronta un momento così angoscioso e delicato come quello del ricovero affidandosi alla compagnia ed al sostegno di familiari, conoscenti ed assistenti a vario titolo, che lo supportano standogli accanto durante visite ed esami, oppure richiedendo informazioni agli operatori.
Una struttura ospedaliera deve dunque essere progettata ed organizzata anche per venire incontro alle esigenze di questi soggetti e per facilitarli nelle loro funzioni di supporto: se, ad esempio, la stanza di accoglienza risulta chiaramente evidenziata da una apposita segnaletica, sarà agevole per la persona che assiste il malato individuarla, anche se quest'ultimo vi è impossibilitato da una qualsivoglia disabilità. Analizziamo i chiarimenti in materia forniti dal Garante per la privacy con il provvedimento del 9 novembre 2005.
1. Il rispetto degli orari di visita.
Relativamente all'accoglienza dei visitatori nell'unità operativa (intendendo con tale espressione esaustiva tutti i soggetti che accedono al reparto, non essendone né operatori né pazienti) si pone da sempre la questione del rispetto degli orari di visita, ribadito anche dalla “Carta della qualità in chirurgia” all'art. 4; è necessario il rispetto di tali orari, ma la disposizione può (e viene già) osservata in modo elastico nei reparti in cui il malato necessita di un supporto psicologico più intenso e costante, come in quelli chirurgici o pediatrici.
2. Comunicazione a terzi di informazioni relative a prestazioni di pronto soccorso per via telefonica.
Nel rapporto con familiari, conoscenti ed assistenti la problematica di più difficile risoluzione consiste però, ancora una volta, nella conciliazione tra l'esigenza di tutelare la riservatezza del paziente ed il bisogno di fornire risposte a soggetti che, anche se non legittimati sul piano giuridico, sono tuttavia a lui legati da rapporti professionali ed affettivi e, in quest'ultimo caso, condividono pienamente l'angoscia e la sofferenza dell'ammalato.
L'esempio classico è quello relativo alla richiesta, per via telefonica, di una prestazione di pronto soccorso: con il provvedimento del novembre 2005 il Garante ha risposto positivamente a tale annoso quesito, stabilendo però che, in tale contesto, le informazioni possono essere fornite correttamente ai soli terzi legittimati, quali possono essere familiari, parenti o conviventi, valutando le diverse circostanze del caso. Il contenuto di questo genere di notizie deve inoltre consistere solo nel fatto che è in atto o si è svolta una prestazione di pronto soccorso, mentre non possono essere comunicate indicazioni più dettagliate sullo stato di salute. L'interessato (se cosciente e capace) deve essere preventivamente informato dall'organismo sanitario (in fase di accettazione) e posto in condizione di fornire i nominativi dei soggetti cui può essere comunicata la prestazione di pronto soccorso. Occorre, altresì, rispettare eventuali sue indicazioni contrarie. Il personale incaricato deve infine accertare l'identità dei terzi legittimati a ricevere la predetta notizia o conferma, avvalendosi anche delle indicazioni fornite dall'interessato.
3. Informazioni rese per via telefonica od al visitatore circa la presenza di un paziente in reparto.
Un'altra ipotesi frequentemente ricorrente nella realtà operativa riguarda la richiesta, per via telefonica o, più frequentemente, da parte di un visitatore, circa la presenza di un paziente in reparto. Secondo l'Autorità, il Codice per la tutela dei dati personali incentiva le strutture sanitarie a prevedere, in conformità agli ordinamenti interni, le modalità per fornire informazioni ai terzi (legittimati) circa la dislocazione dei degenti nei reparti, allorché si debba rispondere a richieste di familiari, parenti e conoscenti. Indicazioni positive, a tal proposito, erano già state fornite dal Garante alcuni anni addietro: (cfr. il parere reso il 26 gennaio 1999).
Negare ogni informazione sulla presenza dei degenti nei reparti ospedalieri, d'altronde, contrasterebbe con la natura del servizio pubblico sanitario, che di norma prevede, entro determinati orari e con precise modalità, la possibilità di parenti, conoscenti e perfino di organismi del volontariato di accedere ai reparti per far visita ed aiutare i degenti. Le uniche eccezioni ammissibili si hanno quando:
  • dalle caratteristiche dell'unità operativa si può risalire agevolmente alla patologia sofferta (basti pensare all'ipotesi del paziente ricoverato in un reparto di psichiatria);
  • quando il degente chiede che la sua presenza non venga resa nota. L'interessato, sempre se cosciente e capace, deve essere, anche in questo caso, informato e posto in condizione (per esempio all'atto del ricovero) di fornire indicazioni circa i soggetti che possono venire a conoscenza del ricovero medesimo e del reparto. Occorre altresì rispettare l'eventuale richiesta che la sua presenza nella struttura sanitaria non sia resa nota a nessuno.
Come per le prestazioni di pronto soccorso, anche in tale ipotesi è lecito comunicare la sola presenza nel reparto, ma non informazioni sullo stato di salute. Queste ultime possono essere invece fornite a soggetti terzi quando sia stato manifestato dall'interessato un consenso specifico e distinto al riguardo, consenso che può essere anche espresso da un altro soggetto legittimato, quando l'interessato si trova in condizioni di impossibilità fisica, incapacità di agire o incapacità di intendere e di volere.
Allorchè il consenso sia stato modulato o negato, l'infermiere, cui sono richieste indicazioni dal visitatore, dovrà, in primo luogo, premurarsi di accertare l'identità del visitatore medesimo (per verificare se rientra tra i soggetti cui possono essere comunicate informazioni); non potendo, in ogni caso, essere impedito l'accesso in corsia e nelle varie stanze di degenza, per evitare che si verifichino situazioni imbarazzanti o spiacevoli sarebbe opportuno che ogni unità operativa limitasse ad un apposito ambiente (salottino) le visite di familiari e conoscenti.
Non sempre, tuttavia, specialmente in un reparto chirurgico, i pazienti sono in grado di deambulare: in tal caso, per salvaguardare la riservatezza possono essere adottati paraventi, oppure può essere chiusa la porta della stanza (sempre che non siano presenti altri degenti).
E' evidente, comunque, che né gli uni né l'altra costituiscono barriere fisiche insormontabili: la corretta applicazione della normativa, pertanto, dipende, in larga parte, dal buon senso e dalla professionalità di tutto il personale di reparto.
4. Consegna a terzi di documentazioni idonee a rivelare lo stato di salute di un paziente.
Il personale designato deve essere istruito debitamente anche in ordine alle modalità di consegna a terzi dei documenti contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute dell'interessato, come i referti diagnostici, di regola ritirati dopo le dimissioni. Rispondendo espressamente alle numerose segnalazioni pervenute, il Garante ha precisato, a tal proposito, che esse possono essere ritirate anche da persone diverse dai diretti interessati, purché sulla base di una delega scritta e mediante la consegna dei referti suddetti in busta chiusa.

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